A.C. 3606-A
Signora Presidente, colleghi, oggi discutiamo del disegno di legge di conversione del decreto n. 18 del 14 febbraio 2016. Ai più questo decreto è noto per la riforma del settore bancario cooperativo, contiene anche altri elementi: la garanzia dello Stato sulle sofferenze, le disposizioni fiscali relative alle procedure di crisi e le disposizioni in materia di gestione del risparmio.
Io farò alcune considerazioni sulla parte della riforma del settore bancario cooperativo e, naturalmente, condivido totalmente la relazione dell'onorevole Sanga, che sugli aspetti tecnici è stato molto esauriente e, soprattutto, ha messo in evidenza come questo decreto abbia subito delle modifiche dopo un lavoro lunghissimo in Commissione. Questo testimonia, lo riprenderò dopo, che quando il Parlamento decide di entrare nel merito delle questioni poste dal Governo può svolgere tranquillamente il proprio ruolo, così come la Costituzione gli riconosce.
Voglio fare delle considerazioni rispetto alle banche di credito cooperativo, che sono naturalmente molto diffuse nel nostro Paese, e che hanno avuto l'importanza sia economica sia sociale straordinaria. L'onorevole Sanga ricorda che in molti comuni, soprattutto piccoli comuni del sud, le grandi banche hanno abdicato al ruolo a favore delle banche di credito cooperativo, e queste hanno svolto nel corso degli anni una funzione essenziale e straordinaria; hanno sostenuto l'economia dei territori a cui erano, e sono, profondamente legate. Migliaia di piccoli imprese hanno avuto l'accesso al credito grazie a questa presenza. Spesso la conoscenza diretta dell'impresa e dell'imprenditore ha dato fiducia e ha permesso di avere il credito. Pochi sono gli esempi di degenerazione localistica, che pure ci sono stati, quando queste banche sono state oggetto di scontro di lobby o di interessi, che magari avevano la loro matrice nella politica di quel territorio, e proprio quando c’è stato questo ci sono state appunto degenerazioni, che hanno determinato delle scelte non legata alla serietà dell'impresa e alla sua affidabilità, mettendo invece al centro altre considerazioni ed altri elementi.
La crisi economica, che ancora incombe, e scelte in parte addebitabili, come dicevo prima, alla categoria, impongono la necessità dell'integrazione delle cooperative di credito italiano e hanno spinto per una riforma del sistema. Non si vuole sradicare, come abbiamo sentito ancora oggi, il sistema di credito cooperativistico, ma c’è bisogno di una sua evoluzione, salvaguardando la tipicità e peculiarità del modello italiano. Il nuovo contesto competitivo, la necessità di sostenere efficacemente la ripresa economica, impongono scelte coraggiose che questo Governo e la maggioranza che lo sostiene vogliono con coerenza e ambizione cogliere e raggiungere. Tutto questo si è fatto attraverso un confronto serrato. Abbiamo sentito qui, da parte del relatore di minoranza, che le banche hanno ragionato per un anno, cercando di proporre un'autoriforma perché avevano la pistola, come dire, puntata; ma tutto questo non è vero ! È cresciuta nei territori la consapevolezza della necessità di una riforma, questo confronto e le proposte elaborate con le banche di credito cooperativo, in dialogo fra loro, e con l'istituzione competente, a cominciare dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalla Banca d'Italia, hanno prodotto un lavoro molto utile. Questo confronto ha fatto maturare una coscienza sulla necessità, non più rinviabile, della integrazione delle cooperative di credito. Si è diffusa la consapevolezza e la necessità di un forte processo di integrazione, che spesso non veniva avvertito perché c'era anche un egoismo di alcune banche a difendere il proprio presidio, per favorire l'efficienza e la competitività, in modo da potersi uniformare alle migliori esperienze europee e internazionali. Quello che qui vogliamo ribadire con forza è l'opportunità dell'intervento, rispetto a chi ragiona per slogan; abbiamo sentito ancora oggi, nonostante settimane di discussione in Commissione, che si ragiona per dare elementi ai giornali o alle trasmissioni televisive, riportando il dibattito a un mese, a due mesi fa, senza cogliere l'evoluzione dell'intesa che c’è stata in Commissione, con il contributo di tutti. Però c’è bisogno di animare questo teatrino che disinforma l'opinione pubblica italiana, ma non certo gli operatori del settore e i destinatari di uno strumento più forte e più adeguato a sostegno della propria impresa. Lo scopo è sempre lo stesso, è quello di denigrare, offuscare l'azione di Governo e di questa riforma, l'ennesima che viene portata avanti, perché questa riforma non si trova in un deserto di attività, questa si lega e si aggiunge a tante altre riforme che questo Governo e questa maggioranza, con difficoltà, stanno portando avanti; tutti diciamo che l'Italia deve essere aggiornata, ma nessuno ha avuto e ha il coraggio, come noi stiamo facendo, di portarle avanti. Tutto questo lo facciamo per il bene del Paese. Questa riforma mantiene i cardini e le finalità mutualistiche, prevede una governance democratica, il radicamento territoriale non viene cancellato, così come il legame con le comunità locali, con le imprese e gli imprenditori che di quei territori sono l'anima e la forza per raggiungere nuovi obiettivi di sviluppo che facciano leva sulla specificità, la peculiarità e le risorse di quel territorio medesimo. La riforma che condividiamo deve mantenere il valore di questa esperienza diffusissima sul territorio nazionale; la riforma ha lo scopo di facilitare il rafforzamento patrimoniale e l'evoluzione e l'adeguamento dellagovernance perché il sistema cooperativo presenta, oggi, delle debolezze. L'obiettivo è rendere il settore in grado di competere a livello europeo, dove ci sono mutamenti sul piano delle regole prudenziali e dell'attività di vigilanza, sapendo, come ha confermato più volte Banca d'Italia, che la prolungata crisi economica, con il conseguente aumento di rischi, ha eroso i profitti, rendendo più vulnerabili le banche di credito cooperativo, caratterizzate da dimensioni contenute. Ecco perché la riforma prevede il gruppo bancario cooperativo, il gruppo avrà al vertice una capogruppo bancaria costituita in forma di società per azioni con un patrimonio netto di almeno un miliardo. Si potevano individuare anche altri tetti, magari mezzo miliardo ed avere una maggiore presenza.
Mi avvio a concludere; emendamenti in tal senso sono stati presentati anche da colleghi del nostro gruppo; alla fine si è deciso per una proposta che presenta una maggiore solidità. Salto qualche pagina, Presidente, per arrivare alla fine. Io credo che sia opportuno il conferimento all'azienda bancaria, a una società per azioni – ferma restando la indivisibilità delle riserve, anche qui continuiamo ad ascoltare una musica superata per quanto ci riguarda – e la conferma delle clausole mutualistiche nella cooperativa conferente. Concludo sottolineando il ruolo straordinario e di merito, lo dicevo all'inizio, che la Commissione finanze ha avuto, raccogliendo pareri, perplessità, preoccupazioni, necessità di modifiche che da più parti venivano avanzate. Il testo che sottoponiamo all'approvazione dell'Aula è diverso dal decreto originario; secondo noi è migliore, a dimostrazione che il Parlamento – che non è il passacarte del Governo – se vuole, abbandonando ruoli preconcetti, propagandistici e strumentali, entrando nel merito delle questioni poste dall'Esecutivo, può svolgere e ha una possibilità di svolgere quel ruolo che la Costituzione gli affida di massima assise della democrazia dove, attraverso il confronto, si legifera nell'interesse più alto del Paese.